Pontourny, dove la Francia ha fallito il recupero degli estremisti islamici (« La Stampa », 2 septembre 2017)

Il centro chiuso dopo un anno. Ospitava giovani dai 18 ai 30 anni. L’esperta: rischiava di trasformarsi nell’accademia della Jihad

STÉPHANIE FILLION

Era il primo nel suo genere in Francia e probabilmente sarà l’ultimo. Il centro sperimentale per la deradicalizzazione degli islamisti è stato chiuso.

Nel settembre 2016, il centro era stato aperto a Beaumont-en-Véron, un paesino di tremila abitanti nella regione della Loira. Pontourny, il nome del castello in cui era ospitato il centro per la prevenzione, l’integrazione e la cittadinanza, era destinato al recupero di individui in via di radicalizzazione e sarebbe dovuto essere il primo di 12, realizzati in tutto il Paese, ma ha avuto vita breve. Meno di un anno dopo è stato chiuso.

Si stima che in Francia oggi ci siano circa 15 mila persone a rischio radicalizzazione e il Paese sta cercando un approccio diverso, partendo proprio dal caso Pontourny e dai motivi del suo insuccesso.

Terapia choc

Quel bianco, grande castello del XVIII poteva ospitare un totale di 30 persone, con 25 dipendenti. Il programma avrebbe dovuto durare dieci mesi e gli ospiti, giovani di un’età compresa tra i 18 e i 30 anni, indossavano la stessa uniforme, partecipavano a esercitazioni militari e cantavano La Marsigliese. In Francia questa rigorosa routine quotidiana viene utilizzata in altri tipi di centri per giovani a rischio. L’unica differenza con Pontourny è che qui i «pazienti» erano volontari.

Radicalizzazione è una parola usata spesso, raramente definita. Michael Dantinne, professore del Centro studio sul terrorismo e la radicalizzazione di Liegi, Belgio, la definisce come un «lungo processo in cui un individuo respinge il mondo, la società in cui vive e aderisce ad una nuova ideologia». Dato che questi giovani rifiutano la società francese, Dantinne ritiene «assurdo pensare che Pontourny avesse potuto funzionare».

Lo pensa anche Milena Uhlmann, esperta di radicalizzazione. La ricercatrice temeva che raggruppare individui vulnerabili in via di radicalizzazione avrebbe potuto avere l’effetto opposto e diventare «un’accademia della jihad». Se un paziente di Pontourny fosse stato abbastanza carismatico, il luogo sarebbe potuto diventare un centro in cui i jihadisti incontrandosi si sarebbero forgiati un’identità più forte basata sull’Islam.

Il business

Il centro di Pontourny ha aperto dopo un’ondata di attacchi terroristici costati la vita a 234 persone in 18 mesi e dopo che il governo era stato criticato perché giudicato troppo morbido sulla questione. «La Francia è caduta nella stessa trappola di altri Paesi: sono state prese decisioni forti in condizioni di emergenza, che non sono state ben studiate», spiega Dantinne.

Il centro era parte di un piano d’azione messo a punto nel luglio 2016, a cui il governo ha destinato 40 milioni di euro per due anni: 2,5 milioni sono andati a Pontourny. Questo ha creato ciò che la senatrice Esther Benbassa chiama il business della deradicalizzazione. «A un certo punto – dice Michael Dantinne – in Francia sono emersi dei “venditori di miracoli” e sono riusciti a convincere i leader che il loro modello funzionava».

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